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Filippo Graziani

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“L’hip hop forse è la realtà più importante che c’è al momento per i giovani, è una cosa che da noi è arrivata tardissimo.  La nuova generazione di musicisti è ricca e molto varia”.

“Il rock è ancora in incubazione in Italia. Si sta lavorando, c’è un po’ più di libertà. Bisogna che arrivi un Profeta. Io sono un artigiano della musica. È un lavoro che mi dà la possibilità di fare quello che mi piace e di sopravvivere”.

“Sono un appassionato di cinema. Ho apprezzato molto i film degli anni ’80, in particolare a quelli di John Hughes, Mel Gibson, classici come Sixteen Candles, Breakfast Club, Mad Max”.

“Ho un rapporto ottimo con il repertorio musicale di mio padre (Ivan Graziani). Potermi confrontare con la sua produzione per me è un valore aggiunto”.

“Sono stato sempre in mezzo ai suoni, ai musicisti che passavano di casa. Vivendo sempre con la musica ho iniziato piano piano a viverla attivamente. All’inizio suonavo la batteria. Con il tempo sono arrivato ad avere le mie prime passioni musicali e poi a scrivere le mie cose. È stato un processo naturale. Ho avuto un approccio con la musica tranquillo, senza preoccuparmi di cosa avrei fatto in futuro”.

“Sono artisticamente libero. Quando scrivo una canzone e la canto ci sono dei punti in cui posso ricordare mio padre, ma questo è fisiologico. Sin da piccolo ho avuto una propensione ai suoni. L’ho sempre trovato un linguaggio che capivo, sono cose con le quali molto probabilmente nasci”.

“Verso i diciotto anni avevo intorno tante chitarre e un giorno ne ho presa una in mano. La chitarra è diventata una prolunga di me stesso, ci vivo in simbiosi, è sempre con me in ogni posto in cui io vada, si tratta di amore, a volte conflittuale, come tutti gli amori.

Ho iniziato a suonare in uno street club di Rimini, che si chiamava Io”.

“Ho trascorso alcuni anni a New York. È la mia seconda casa, ho tanti amici lì. È una città che ti fa sentire al centro di qualcosa, ti fa mettere alla prova. Ci sono locali importanti che hanno visto l’alba di artisti come Jeff Buckley. Alla mia età vivo meglio a Rimini. In città come New York o Milano devi avere un conto in banca sostanzioso per vivere bene, altrimenti rischi di confinarti in trenta mq”.

“Tra le canzoni di mio padre Ivan, Agnese mi piace per i suoi cambi di tonalità, Lugano addio la sento morbida e giocosa, di Firenze adoro l’apertura e mi piace quando arriva il ritornello”.

“Oggi nessuno è “selvaggiamente libero”. Una volta avevi la possibilità di dire ciò che volevi. Papà parlava di problemi politici in una chiave personale, cantava la guerra come sofferenza. Lui non è mai stato sotto padrone, anche a differenza di altri suoi colleghi del tempo. Io sono uno spirito libero un po’ abitudinario, mi piace avere i miei punti di riferimento”.

 

 

 

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