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60 anni Nomadi. Le parole del leader Beppe Carletti.

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“Mi sono avvicinato alla musica a nove anni. Nel 1955 i miei genitori erano operai, hanno creduto in me. Ho iniziato suonando la fisarmonica durante le feste nelle case”.

“I trent’anni vissuti con Augusto Daolio sono stati fondamentali per la storia dei Nomadi. Ci incontrammo in una balera. Salì sul palco per cantare dei rock and roll, come Be Bop A Lula, e fu subito un successo. E così è diventato il cantante dek gruppo”.

“Nei sessant’anni di vita del gruppo sono stati 24 i musicisti che, di volta in volta, hanno costituito la formazione. Ho dei compagni di viaggio con cui mi trovo bene”.

“Durante la mia lunga carriera ho incontrato personaggi importanti, come Yasser Arafat (ex presidente della Palestina), il Dalai Lama, il Presidente Sergio Mattarella”.

“La mia storia nei Nomadi è unica. Prima sono stato trent’anni con Augusto Daolio, poi altri trentaquattro, una storia che ha dell’incredibile. Amo da sempre suonare, specialmente dal vivo. C’è stato un momento, all’inizio del nostro percorso musicale, in cui dovevamo scegliere tra collaborare con Lucio Battisti o Francesco Guccini, abbiamo scelto Francesco. Le sue non sono solo canzoni, sono poesie”.

“In Cambogia, con il sostegno dei nostri fan, abbiamo costruito una casa vicino all’ospedale di Emergency, per dei bambini senza gambe e senza braccia. Questi bambini quando guariscono vanno a chiedere l’elemosina per strada, se invece hanno una casa imparano a leggere scrivere e hanno un’altra aspettativa di vita. Siamo stati impegnati con iniziative benefiche anche nel Madagascar,  a Cuba e nel Tibet”.

“La storia dei Nomadi è lunga e per certi versi anche travagliata. Abbiamo attraversato momenti difficili, come quello delle Brigate Rosse, vissuto tragedie come quella della diga del Vajont, l’uccisione di Kennedy, e altri fatti tragici che inconsciamente ti portano a scrivere determinate canzoni. C’è stato un momento in cui i nostri concerti venivano interrotti per protesta. Ma non ci siamo mai arresi”.

“Abbiamo cantato la storia di Cico Mendes, di Salvador Allende. Augusto Daolio ha scritto ‘Il pilota di Hiroshima’. Non ci siamo mai fatti prendere dal successo, non siamo mai stati dei modaioli”.

“Alcune nostre canzoni, anche se pubblicate quaranta o cinquanta anni fa, risultano ancora attuali. Qualche titolo, Dio è morto, Noi non ci saremo, Io vagabondo”.

“Con l’avvento dei social ci siamo integrati in un mondo che, per certi aspetti, mi fa paura. Mi fa paura la gratuità con dei ragazzi, nascondendosi dietro una tastiera, offendono, calunniano, condannano, bullizzano, inducono altri loro coetanei a compiere dei gesti inconsulti. Mi fa paura pensare che questi ragazzi cresceranno e diventeranno uomini con convinzioni errate, abituati all’uso peggiore della libertà”.

“Gli artisti che vengono proposti oggi spesso sono creati per il successo immediato, senza pensare ad un eventuale domani, cercando di ottenere tutto subito, di spremerli come si spreme un limone perché finito uno ce ne sono già a centinaia dietro pronti”.

 

 

 

 

 

 

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