Barry Miles è uno dei più grandi conoscitori della cultura underground degli anni Sessanta e Settanta, caratterizzati da “sesso, droga e rock and roll”. Anni che il giornalista inglese ha vissuto fin dall’inizio, quando sbarcò a New York per lavorare assieme ai grandi nomi della Beat Generation.
Barry Miles: “Negli anni ’60 e ’70 c’è stata una rottura con la cultura britannica. All’epoca gli uomini d’affari andavano in giro con ombrello e bombetta. Lo stile di vita britannico era rigido, sessualmente represso, razzista, ipocrita. Molte cose hanno iniziato a cambiare negli anni ’60”.
“La Gran Bretagna è ora più multiculturale. La sessualità è espressa liberamente, si possono fare scelte di vita diverse. Gioisco nel pensare di aver dato una spinta al cambiamento della Gran Bretagna”.
“La musica di oggi manca di originalità. Gli anni Sessanta segnarono una svolta radicale. La musica popolare ha smesso di far parte del “varietà” o “dell’entertainment”, e inizia ad avere un significato intellettuale, e diventa una forma d’arte a sé stante”.
“C’è stato un tempo in cui gli show dei Beatles erano preceduti da esibizioni canine, comici, ballerine. Poi la loro musica è diventata arte. Ma non sono stati i soli: “Mother’s Little Helper” dei Rolling Stones, “My Generation” degli Who, Bob Dylan, Franck Zappa. La musica di oggi è diventata più commerciale”.