Giani Rivera

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“Ho iniziato all’oratorio parrocchiale di Don Bosco. Era un ambiente calmo, sano, costruttivo. Ci sentivamo protetti. I salesiani di Don Bosco sono stati fondamentali nella mia crescita. Anche Maldini e Baresi hanno cominciato dall’oratorio”.

“Ho fatto 20 anni il calciatore, 22 il politico, potrei averne davanti 20 da allenatore”.

“Tra gli allenatori ho apprezzato molto Rocco e Liedholm: il primo era più caldo, Liedholm non si muoveva proprio. Ho apprezzato anche Fabbri, che ha inventato il libero davanti alla difesa”.

“Ho sempre avuto un buon rapporto con i tifosi. Nel 1962 ho inaugurato uno dei primi Milan Club. C’erano quattro vecchietti che giocavano a carte, uno ha chiesto cosa stava succedendo e l’altro gli ha risposto: “C’è Rivera, non lo riconosce? Vale mezzo miliardo”. E il vecchietto: “L’è propria vera, i danè vale po nigot (i soldi non valgono più niente)”.

“La moviola è nata per stabilire se il mio tiro nel derby del 1967 era gol o no. Il Var deve essere perfezionato il più possibile, perché non può sbagliare”.

“I migliori giocatori oggi? Ronaldo e Messi”.

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“Quando potevo giocare a calcio mi divertivo sempre, non solo durante le partite ufficiali ma anche durante gli allenamenti. Per me giocare a calcio era il migliore dei divertimenti. Poi è diventata la mia professione, il massimo che mi potesse capitare”.

“La vittoria cui sono maggiormente legato è la prima Coppa Campioni a Wembley”.

“Nereo Rocco privilegiava molto il rapporto umano con il calciatore. Si preoccupava dei problemi dei ragazzi fuori dal campo. Chiaramente anche l’aspetto tecnico era importante”.

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“La situazione nel calcio sembra essere scappata di mano. Si pensa soprattutto al denaro, come in tutta la società che abbiamo costruito. Ci sono tanti approfittatori che economicamente sfruttano gli altri. C’è una frase di Cristo nel Vangelo di San Matteo che dice “o vinco io o vince Mammona”. Nel primo tempo ha vinto Mammona. Speriamo che nel secondo vinca Cristo”.

“Non sono mai stato un istintivo. Parlo sempre dopo aver riflettuto. Difficilmente mi pento di ciò che ho detto. Questo, però, non significa che ho sempre ragione; significa soltanto che sono convinto di averla, che parlo in buona fede”.

“Non vorrei passare alla storia. Ci son passati a malapena personaggi come Napoleone o Galileo Forse potrei entrare nell’elenco dei miti, ma non esiste più”.

“Negli anni ’60 Milano era la capitale del calcio. Milan e Inter vincevano dappertutto. Io e Mazzola eravamo i capitani e le bandiere delle due squadre. Era normale che ci vedessero rivali. Ma all’inizio la rivalità era con Corso. Io e Sandro ci siamo sempre stimati e voluti bene”.

“Nereo Rocco è stato un mito. Poi sono venuti Sacchi, Capello ed Ancelotti. Sono stati tutti grandi a loro modo. La storia la scrivono i vincitori, come loro”.

“Berlusconi ha salvato il Milan da una situazione difficile e lo ha portato in cima al mondo. Le vittorie che ha conquistato parlano per lui”.

 

 

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