“A diciassette anni, nel 1965, mi sono trasferito nell’East Village di New York, dove molti cantautori dell’epoca come Tom Rush, Jesse Colin Young, Eric Andersen e lo stesso Bob Dylan hanno iniziato la loro carriera. Aprivo le serate nei club con un set acustico, cedendo poi la scena a gruppi elettrici. Era una buona vetrina per far conoscere la mia musica nell’ambiente. Nico, dei Velvet Underground, rimase colpita da una mia canzone, “These Days”, e Roger McGuinn dei Byrds ascoltò una versione acustica di “Jamaica Say You Will”, che incise molti anni più tardi. Il mio nome come compositore arrivò alle orecchie del discografico David Geffen”.
“Sono molto religioso in senso tradizionale e non. In passato ci sono stati dei fraintendimenti perché alcune canzoni come Fountain of Sorrow e Before the Deluge erano espresse attraverso un linguaggio catastrofico e in forma di metafora”.
“La vita è un bene prezioso, non può essere disillusa dagli interessi e dalle false promesse dei potenti. A livello filosofico e religioso occorre mantenere un radicale atteggiamento positivo di attesa dinamica e reattiva per contrastare l’ingiustizia, l’ipocrisia e la violenza che rappresentano i veleni che corrodono la natura della Madre Terra”.
“Tante volte ho pensato di andarmene dall’America, troppe sono le contraddizioni e le ingiustizie. Spesso sono stato in disaccordo con le scelte governative e con il potere. Ho combattuto in prima persona per far capire alla gente come stavano le cose. Alla fine non riesco a tirarmi indietro. Penso che ci sarebbe una persona in meno che lotta e cerca di darsi da fare per cercare di migliorare la situazione. Sono tanti i motivi per cui grifare: i diritti umani, la trasparenza dei governi, , l’ecologia. I musicisti hanno fatto il loro dovere, sensibilizzando l’opinione pubblica come potevano”.
“Sono sempre alla ricerca di modi nuovi di raccontare le mie sensazioni o quello che vedo nel mondo. Farmi domande è il motore della mia musica. Quando ho un’idea ci posso mettere anche degli anni per realizzarla. È impossibile finire una canzone se non rispondi alle domande che ti fai”.
“Joni Mitchell è una delle artiste che ho apprezzato di più. Viene citata da artisti diversi come Elvis Costello, Chrissie Hynde, Peter Gabriel. Ha aperto molte strade. È una delle cantautrici più stimate di sempre”.
“Sono cresciuto musicalmente nel Laurel Canyon di Joni Mitchell, Crosby, Stills, Nash & Young, Eagles. È diventato in breve tempo un posto molto costoso dove vivere. Sono amico di molti artisti che frequentavo. Verso la fine degli anni ’60 e nei ’70 ci vedevamo perché eravamo sempre in tour. Don Henley degli Eagles tempo fa mi ha raccontato che ad una serata in onore di Linda Rondstadt alcuni di loro si sono ritrovati a parlare delle pillole che prendono per dormire. La maggior parte dei musicisti che diede vita a quella scena arrivava dal Canada, dal Texas, o dal Michigan. Il canyon era un posto accogliente, con un’atmosfera verde e pastorale rispetto alla pianura di downtown. La gente venne a Los Angeles per registrare i dischi, lì c’erano i discografici, gli studi”.
“Oggi il rap è la moderna forma di ribellione e di evoluzione politica, sociale e culturale. Ma le case discografiche cercano solo prodotti da vendere e tralasciano questi aspetti, questi messaggi. La musica può parlare, ma forse dobbiamo chiedere al Wall Street Journal come dobbiamo protestare”.