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Maurizio Micheli

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“L’emozione c’è sempre, anche dopo anni di carriera, alla “prima” di uno spettacolo, all’inizio di nuove repliche. Se quello che si recita funziona bene l’emozione un po’ diminuisce”.

“Oggi purtroppo c’è il trionfo del dilettantismo, la televisione la possono fare tutti. Anni fa facevamo provini su provini, e gavette eterne di mesi in compagnie di teatro. Oggi chiunque, anche sui social, con qualche battuta e un telefonino, posta il suo intervento e diventa attore”.

“Il teatro si fa meno rispetto a una volta.  Prima si facevano tournée di 140-150 recite. Oggi è un miracolo se si arriva a 60-70. Anche il cinema non è più quello di un tempo. I film passano sulle piattaforme, e magari fanno un piccolo rodaggio nelle sale. Il teatro ha un vantaggio: essendo un’arte antica diventa quasi alternativo alle migliaia di immagini che vediamo ogni giorno. C’è della gente che viene apposta a fare lo spettacolo sul palco, per lo spettatore, anche se certe volte è molto faticoso, soprattutto nei grandi spostamenti”.

“Il momento di svolta nella carriera per me è arrivato con “Mi voleva Strehler”, la storia della mia vita, spettacolo scritto assieme a Umberto Simonetta. Erano i tempi in cui il teatro poteva cambiare la carriera di un attore giovane”.

“Oggi in televisione assistiamo solo a programmi sui delitti, fatti di cronaca nera,  simulazioni di processi, fiction violente di mafia e con omicidi efferati. Quando ero ragazzino, il venerdì sera in televisione trasmettevano le commedie. Oggi più che seguire un programma per intero, teniamo in mano il telecomando senza soffermarci più su niente. Mancano anche gli autori televisivi. Io ho lavorato con Antonello Falqui nel varietà, i testi erano ben congegnati, niente era lasciato all’improvvisazione. Ho sempre lavorato con passione, studiando, perfezionandomi, alternando testi scritti da me a commedie scritte da altri”.

 

 

 

 

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