Sergio Endrigo (Pola, 15 giugno 1933 – Roma, 7 settembre 2005)

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Sergio Endrigo era nato a Pola, in Istria, il 5 giugno del 1933. Negli anni Sessanta si afferma come cantautore, con la sua eleganza interpretativa. Nel 1962, con Io che amo solo te, raggiunge il successo. Nel 1968 vince il Festival di Sanremo, con Canzone per te, eseguita insieme al brasiliano Roberto Carlos. Tra i suoi evergreen: Lontano dagli occhi, L’arca di Noè e Ci vuole un fiore. Era diventato anche un romanziere.

“Nella mia vita ho letto moltissimo. A 14 anni divoravo Le novelle di Moupassant, il Teatro di Ibsen, I promessi sposi. Quand’ero militare, alla Scuola Truppe Corazzate di Caserta, dove facevo il corso da sottufficiale, mentre il capitano spiegava logistica io sotto il banco avevo i Fleurs du Mal di Baudelaire. Ho musicato molte poesie ma quasi sempre per caso. Il direttore della RCA voleva che Pasolini scrivesse per me delle ballate e che io le musicassi. Ho conosciuto Pisolini mentre stava partendo per l’Africa per un film, mi ha detto di guardare sul libro “La mejo gioventù”, la storia di una famiglia friulana che andava dal periodo napoleonico alla resistenza. Io ho scelto la prima, con Napoleone”.

“Dal 1952 al 1959 mi sono esibito nei night club, in Italia, Beirut, Lussemburgo e Amsterdam. Poi ho firmato un contratto discografico con la Ricordi. Allora c’erano Gino Paoli, Luigi Tenco, Giorgio Gaber, Enzo Jannacci, Umberto Bindi. Il direttore artistico Nanni Ricordi mi esortò a scrivere delle canzone. Da allora ne ho composte circa 260. Negli anni ’70 ho interpretato diverse canzoni per bambini scritte da e con il poeta brasiliano Vinicius De Moraes (La Casa, Il Pappagallo, La Pulce, La Papera, L’Arca). Giovanni Rodari mi ha dato una ventina di testi da musicare. Tra questi, il famoso Ci vuole un fiore”.

“Noi, in qualche modo padri della canzone d’autore italiana, amavamo  lo swing, Nat King Cole. Luigi Tenco, che suonava anche il sax, adorava Paul Desmond.  Bruno Lauzi era attratto dalle magie del musical, da Gene Kelly; Umberto Bindi  coglieva i frutti della sua formazione classica. Eravamo tutti affascinati dagli  chansonnier  francesi: Charles Trénet, Gilbert Bécaud, Charles Aznavour, Georges Brassens.  Personalmente ero affascinato da Jacques Brel, I suoi testi, le storie, le interpretazioni. Una volta a Roma, nel 1964,  gli confessai che senza la sua influenza non avrei mai potuto scrivere  Viva Maddalena. Avverto le trace in Quattro amici al bar di Paoli, mi ricordano i tre giovani vitelloni che stornellavano gli sfottò la sera davanti al Circolo dei Notai. I Vecchi  di Claudio Baglioni  mi  fa pensare a Brel e ai suoi commoventi  Les Vieux”.

augusto.sciarra@radiotolfaeuropa.it

 

 

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